Licenziamento: cosa cambia con il Decreto Dignità?

licenziamento decreto dignita

Il Decreto Dignità ha introdotto molteplici novità in materia di tutela dei lavoratori e alcune di queste riguardano precipuamente la fattispecie del licenziamento.

Vediamo ora cosa cambia per i lavoratori.

Chi è interessato?
La riforma interviene sui casi di licenziamento illegittimo prevedendo nuove misure delle indennità da corrispondere al lavoratore soggetto alle cosiddette “tutele crescenti”, cioè chi è stato assunto, trasformato o stabilizzato al termine dell’apprendistato, a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015.
Le stesse modifiche interessano anche i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 in realtà lavorative che occupavano fino a 15 dipendenti che successivamente sono diventati maggiori di 15.

Chi è escluso?
Nessuna modifica interessa i lavoratori già in forza alla data del 6 marzo 2015 per i quali continuano ad applicarsi le norme della riforma Fornero (Legge n. 92/2012).
Possiamo inoltre affermare che, il Decreto in parola non ha minimamente toccato la fattispecie dei licenziamenti nulli o inefficaci.
Ricordiamo che i licenziamenti sono tali quando comminati:

  • per motivi diretti alla discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua, di sesso, handicap, età, basata sull’orientamento sessuale o le convinzioni personali:
  • per ragioni legate alla fruizione dei congedi per maternità e paternità;
  • in forma orale;
  • per causa di matrimonio.

Nelle ipotesi appena citate, come negli altri casi di nullità del licenziamento previsti dalla legge, nulla è cambiato rispetto alle previsioni originarie dettate dal d.lgs. n. 23/2015, rimanendo quindi valida la reintegrazione nel posto di lavoro. La medesima soluzione della reintegra è prevista per il caso in cui si accerti che il fatto contestato al lavoratore non sussista.

Cosa cambia?
1 – Importo del risarcimento
Il Decreto Dignità si limita a modificare l’indennità risarcitoria prevista dal Jobs Act (art. 3, co. 1, d.lgs. 23/2015) per i licenziamenti illegittimi intimati ai lavoratori.
Per le imprese con più di quindici dipendenti, nelle ipotesi in cui non sussistano gli estremi del licenziamento per giusta causa, giustificato motivo soggettivo o oggettivo, il giudice dichiara comunque estinto il rapporto di lavoro e condanna il datore al pagamento di un’indennità risarcitoria, non soggetta a contributi previdenziali, pari a 2 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 6 (in precedenza erano 4) e non superiore a 36 (in precedenza erano 24) mensilità.
Per le aziende che impiegano fino a quindici dipendenti, è comunque prevista l’estinzione del rapporto di lavoro a seguito di licenziamento illegittimo e il pagamento di un’indennità risarcitoria, non soggetta a contributi, pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, in misura comunque non inferiore a 3 (prima erano 2) e non superiore a 6 (anche in precedenza erano 6) mensilità.

2 – Offerta di Conciliazione
Il Decreto Dignità influisce anche sull’istituto della conciliazione volontaria, come introdotto dal Jobs Act per i licenziamenti illegittimi irrogati nei confronti dei lavoratori soggetti al regime delle “tutele crescenti”.
Questa disciplina prevede che, entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, il datore che impiega più di quindici dipendenti possa offrire al lavoratore una somma, esente da contributi e imposte, pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR per ogni anno di servizio, in misura non inferiore a 3 (prima erano 2) e non superiore a 27 (prima erano 18) mensilità.
Per i datori che impiegano fino a quindici dipendenti, l’offerta di conciliazione non può essere inferiore a 1,5 (in precedenza era 1) e non superiore a 6 (questo limite è rimasto invariato) mensilità.
L’accettazione di questo risarcimento, se avviene in una sede protetta, ha come effetto l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia, da parte del lavoratore, alla sua impugnazione, evitando così l’instaurarsi del relativo giudizio.

Da quando si applicano le modifiche?
Le modifiche sopra esposte si applicano ai soli licenziamenti intimati dal 14 luglio 2018. Per tutti gli altri casi continuerà ad avere efficacia la normativa precedente.

Share:

Comments are closed.